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Cicatrici, lividi, gonfiori. Che fare?  

Ogni intervento ha un prezzo. I progressi della medicina estetica hanno notevolmente ridotto quello che, in gergo, è definito il “down time”, ossia i tempi di recupero, grazie anche alla mini-invasività dei trattamenti. Tuttavia qualche piccolo inconveniente, tipo un piccolo livido o un modesto gonfiore può sempre presentarsi dopo un filler o un trattamento con la tossina botulinica. Diverso è per la chirurgia estetica che, a prescindere dalla zona, lascia inevitabilmente cicatrici da trattare con cura.

Morale? Seguire attentamente i suggerimenti del medico che ha effettuato il trattamento, per mettersi al riparo da conseguenze e velocizzare ancor più il ritorno alla normalità.

Cosa fare dopo un filler o il botulino?
“Tra gli effetti collaterali più frequenti, comuni a tutti i filler iniettati con un ago, ci sono le ecchimosi, soprattutto in chi fa uso di acido acetilsalicilico, da sospendere almeno una settimana prima, o durante il ciclo mestruale”, risponde Magda Belmontesi, dermatologa. “In tali casi è utile un patch transdermico con vitamine (A, C, E) ed estratti vegetali liofilizzati (aloe vera, calendula, equiseto), oppure creme a base di vitamina K, arnica ed escina. Di solito scompaiono in qualche giorno e possono essere mascherati con un correttore cosmetico”.

“Immediatamente dopo il trattamento è normale un arrossamento temporaneo che, in genere, scompare dopo alcune ore. Può comparire anche un certo gonfiore per qualche ora, che può durare più a lungo in caso di aumento del volume delle labbra. In tali casi può essere utile applicare gli impacchi freddi la sera successiva e dormire con la testa un po' sollevata per la prima notte”.

“Dopo un trattamento con un filler si deve evitare l’attività fisica intensa per 6 ore. Non esporsi al sole o fare attività al freddo fino a che rossori e gonfiori non siano scomparsi. Subito dopo un intervento con la tossina botulinica va invece evitato di stare con la testa in giù, massaggiare la zona trattata, e serve astenersi da attività sportiva, esposizione al sole e lampade”.

 

Occhio al sole con le cicatrici
“In caso di chirurgia le cicatrici, se esposte prematuramente, possono causare complicanze, come macchie scure e arrossamenti permanenti”, avverte la dermatologa. “Sappiamo infatti che l’energia degli UV è responsabile di fenomeni infiammatori che alterano la fisiologia di una cute sana. A maggior ragione a livello di cicatrici recenti, che sono di per sé già infiammate, a causa del processo di cicatrizzazione in atto”.

“Ecco perché la foto-protezione è essenziale, con schermi con SPF 50, magari in formato di stick coprente, per un periodo non inferiore a 3 mesi. Stesse precauzioni se l’area anatomica interessata presenta esiti visibili di emorragia, come le ecchimosi che, se esposte ai raggi solari, possono trasformarsi in macchie definitive”.

“Alcuni pazienti sono poi predisposti a sviluppare brutte cicatrici, in conseguenza di una risposta riparativa abnorme del tessuto. Sono le cosiddette cicatrici ipertrofiche, in rilevo e indurite, oppure i cheloidi, che possono estendersi anche oltre i margini della lesione”.

“In tale prospettiva la protezione solare non basta. Serve altresì tenere a bada l’eccessiva produzione di collagene, quindi di tessuto cicatriziale. Per farlo si usano gel a base di silicone, che aiuta a migliorare l’idratazione della cute sottostante, modulando i fattori di crescita che incentivano la neocollagenasi. Tra i vari prodotti in commercio c’è Kelo-cote® di Galderma che, applicato sulla cute, forma una pellicola sottile e trasparente con SPF 30, traspirante e impermeabile all’acqua. Si utilizza a ferita rimarginata, in genere a partire da 15 giorni dopo l’intervento, continuando a trattare la zona per 2 o 3 mesi”. 
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