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 Dermobiotica: la “microbiome revolution” della pelle

 



 Gli studi sul microbioma stanno cambiando le attuali conoscenze sul funzionamento degli organi a contatto con l’esterno: apparato digerente, genito-urinario, polmone e, naturalmente, cute, le cui superfici sono colonizzate da comunità microbiche fin dall’infanzia. Anche la dermatologia,  sta approfondendo la ricerca nella direzione della “dermobiotica”.

“L’organismo umano è colonizzato da un insieme molto nutrito di batteri, che nel complesso risultano dieci volte più numerosi delle cellule che lo costituiscono”, spiega Magda Belmontesi, dermatologa a Milano e Vigevano, docente alla scuola di medicina estetica Agorà.

Questo insieme di batteri e altri microrganismi prende il nome di microbiota e a tutti gli effetti è da considerarsi un organo acquisito dopo la nascita. Le comunità di batteri sono distribuite in maniera differente nell’organismo, raggiungendo i livelli massimi nel tratto gastro-intestinale. Ma anche bocca, vagina e pelle ne ospitano un numero non trascurabile: mediamente 10 milioni per centimetro quadrato.

“Nella pelle si possono distinguere i siti sebacei o grassi, gli umidi e i secchi. Nei primi predominano due specie, i propionibatteri e gli stafilococchi, mentre nelle zone umide prosperano le specie di corinebatteri e di stafilococchi. Una popolazione mista risiede nei siti secchi, con una maggiore prevalenza di β-proteobatteri e flavobacteri”.

Diversi sono gli elementi in grado di modulare il microbiota cutaneo: la fisiologia dell’ospite, le caratteristiche dell’ambiente esterno, il sistema immunitario, lo stile di vita e le eventuali condizioni patologiche sottostanti. L’industria alimentare e cosmetica stanno studiano nuove strategie per stabilire la relazione tra il consumo di sostanze nutritive e la salute della pelle. Tra queste c’è la categoria dei probiotici, per cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha coniato una specifica definizione: “microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate, conferiscono almeno un effetto benefico all’ospite”.

 

Il metabolismo probiotico porta alla formazione di molecole acide che possono contribuire al mantenimento del corretto pH cutaneo che, a sua volta, influenza l’equilibrio della pelle. Diversi microrganismi sono inoltre in grado di produrre metaboliti antiossidanti, capaci di contrastare il photo-aging indotto dall’esposizione solare. I lactobacilli, per esempio, offrono una duplice attività: da un lato, durante i processi fermentativi, producono acidi grassi in grado di abbassare positivamente il pH (ossia renderlo più acido) a valori ottimali e fisiologici, dall’altro, favorendo la produzione di superossido-dismutasi (antiossidante endogeno), aumentano la protezione contro il danno dei radicali liberi.

Quali le direzioni future, ma ormai prossime? Diversi lavori evidenziano la possibilità di agire sull’omeostasi cutanea, somministrando probiotici per via orale o topica.

E si fa strada il concetto di “microbioma cosmetico”, in grado di influenzare la relazione pelle-intestino-cervello, quindi portare alla progettazione di cosmetici innovativi che cambino le percezioni (ora separate) di bellezza, salute e benessere. I cosmetici in futuro potrebbero avere il potenziale di potere non solo far apparire bene, ma anche far “sentire bene”.