Allarme filler? Più scienza e coscienza
L’antefatto, alquanto allarmante, arriva dal Regno Unito, dove un pool di medici ha sollevato il caso degli scarsi controlli su alcune tipologie d’iniettabili, usate in chirurgia estetica come sostanze riempitive, che solo in Gran Bretagna sono circa 160, contro le 137 dell’Italia, tra cui una decina non riassorbibili.
I filler sono classificati come dispositivi medici, alla stregua di cerotti e disinfettanti, ma anche protesi e pace-maker, alla cui commercializzazione serve soltanto il marchio CE. Diverso è negli stati Uniti, dove tali prodotti sono equiparati ai farmaci, quindi devono passare gli stessi controlli e sperimentazioni. Prova ne è che nel mercato statunitense ce ne sono solo 7.
Come se non bastasse, esiste pure un fiorente mercato parallelo che, in primis, si nutre proprio della rete per fare proseliti. Sono infatti in circolazione filler illegali provenienti da Paesi dell’Est, da Cina o India, acquistabili a prezzi stracciati, con scarse garanzie di sterilità e purezza che, nella migliore delle ipotesi non procurano alcun beneficio, mentre nella peggiore possono creare reazioni avverse importanti, tra cui granulomi o infezioni.
Cominciamo a conoscerli
Da un punto di vista clinico i filler (dall’inglese “to fill”, riempire), sono materiali iniettabili nella cute allo scopo di rimodellare (attenuare o compensare) deficit anatomici, estetici e funzionali di viso e parti del corpo. Attualmente i filler più utilizzati per trattare rughe, cicatrici e aumentare i volumi del volto sono i riassorbibili, come quelli a base di acido ialuronico, collagene o mucopolisaccaridi, mentre i permanenti e semi-permanenti (tipo silicone, plexiglas, acrilamide), più rischiosi in quanto composti da sostanze sintetiche, sono oggi meno utilizzati. Tuttavia, nonostante il silicone liquido sia stato vietato dal Ministero della Salute, a tutt’oggi sono ancora ammessi i policrilati.
Da un punto di vista giuridico l’uso dei filler è disciplinato in Italia da un decreto legislativo del febbraio ‘97, in attuazione della direttiva 93/42 CEE del Giugno ’93, che li classifica come dispositivi medici. La commercializzazione è subordinata alla certificazione e marchio CE, una sorta di garanzia di qualità del prodotto, che tuttavia non tutela il paziente da eventuali reazioni avverse, né obbliga il medico a segnalare eventi avversi sull’uomo, come invece la legge stabilisce per i farmaci.
L’incongruenza che oggi si rileva deriva dal mutamento del concetto di “biocompatibilità”. Definito originariamente come “totale assenza d’interazione fra materiale e tessuti”, oggi è invece interpretato come “abilità del materiale a interagire, in una specifica applicazione, con un’appropriata risposta dell’ospite”.
Ora, visto che per il legislatore i filler dovrebbero essere inerti, il problema si fa spinoso quando, dopo aver inserito tali materiali, specie quelli non riassorbibili, si verificano nel tempo eventi avversi irreversibili, con danni estetici non risolvibili o solo parzialmente mediante interventi chirurgici.
Il parere dell’esperto
Proprio in ottica di sicurezza, nonostante l’avvento di numerose sostanze utilizzabili, l’acido ialuronico resta sempre il più valido in campo medico estetico, in virtù della sua assoluta e ben documentata biocompatibilità. Non è un caso che l’americana FDA lo ha approvato per due indicazioni: riempire le rughe e stimolare l’idratazione cutanea profonda.
“L’acido ialuronico è un componente essenziale del tessuto connettivo umano: mantiene il giusto grado di idratazione della pelle, senza provocare reazioni allergiche”, spiega Magda Belmontesi, dermatologa e docente della Scuola Superiore Post-Universitaria di Medicina Estetica Agorà di Milano.
“In Italia sono due gli acidi ialuronici garantiti da FDA: Juvederm prodotto dall’azienda americana Allergan e Restylane dalla svedese Q-Med. Quest’ultimo, in particolare, è prodotto con tecnologia NASHA (Non Animal Stabilized Hyaluronic Acid) e testato mediante diversi studi, in vitro e in vivo, seguendo le regole dettate dall’ISO (International Organization for Standardization)”.
Dai test risulta sicuro: non è infatti citotossico né mutageno, non provoca effetti collaterali acuti o cronici, né reazioni d’ipersensitività.
“In ogni caso i pazienti si possono tutelare. Innanzitutto rivolgendosi a medici specializzati che operano in strutture qualificate. Meglio invece diffidare di medici che non danno spiegazioni esaurienti sul tipo di sostanza che iniettano, sui risultati e su eventuali effetti collaterali. Il buon medico è altresì tenuto a rilasciare al paziente la ‘prova’ del prodotto iniettato. Si tratta di un tagliando di riconoscimento che riporta marca, sostanza che costituisce il filler, lotto di produzione e data di scadenza. Come per le protesi al seno, tra l’altro, anche i filler hanno tagliandi di tracciabilità”.
NASHA: un nome, una garanzia
Da quando nel 1995 è stata brevettata la tecnologia NASHA (acido ialuronico stabilizzato di origine non animale) le conferme sono state tante. I prodotti a base di gel NASHA hanno il primo acido ialuronico biosintetico, stabilizzato e non animale, con il più basso grado di modificazione.
L’elevata somiglianza con l’acido ialuronico naturale assicura una conseguente elevata biocompatibilità. Gamma di prodotti NASHA sono “tissue tailored”, ossia studiati per obiettivi estetici specifici ed peculiari esigenze dei tessuti di iniezione.
Restylane®, ideato per l’aumento dei volumi del volto, riceve la marcatura CE nel 1996, mentre nel 2003 è approvato dall’FDA. Dall’entrata sul mercato, più di 10 milioni di trattamenti e oltre 60 pubblicazioni recensite, per un prodotto che rispetta la fisiologia cutanea, mantenendo nel tempo i risultati promessi.