Capelli? Frena la caduta
Nei cambi di stagione si ha un incremento della perdita di capelli: si tratta di una un retaggio biologico ancestrale, simile alla muta dei mammiferi. In genere si perdono fino a 50 capelli al giorno, mentre in primavera, e soprattutto in autunno, si arriva a 70-100. Se il numero aumenta, toccando le 400-500 unità, o la perdita continua dopo tali periodi, è bene rivolgersi al dermatologo per una diagnosi.
Per prevenire la caduta serve aiutare i capelli dall’interno, come peraltro è utile con la pelle, mediante i micronutrienti contenuti nei cibi. Via libera, innanzitutto, agli amminoacidi, che entrano nella composizione stessa del capello. Recenti studi attestano che la taurina (contenuta in carne, pesce e parmigiano), concentrandosi nella parte profonda del bulbo, si contrappone alla sua compressione e deformazione, causa della caduta prematura del capello e della ricrescita di una fibra sottile e devitalizzata. Importanti altresì i minerali, come ad esempio lo zinco (reperibile in uova, carne, legumi, pesci grassi, spinaci) che, coinvolto nella sintesi della cheratina, contribuisce a ridurre l’eccessiva secrezione sebacea del cuoio capelluto, possibile concausa della caduta dei capelli. Essenziale anche la categoria degli antiossidanti. Come i polifenoli vegetali (contenuti ad esempio nel thè verde e nell’uva), che contrastano i processi infiammatori a livello dei follicoli piliferi e riducono la fragilità capillare, la vitamina C ed E (arance, kiwi, pomodori), che agiscono in sinergia svolgendo un’azione protettiva dall’attacco dei radicali liberi su bulbo e fibra. Alla cui ristrutturazione partecipa la vitamina B6 (pesce, carne legumi secchi, uova, banane), incentivando così l’elasticità e flessibilità del capello. Infine sono decisivi i fitosteroli di pino, cere di origine vegetale, che sembrano inibire l’attività della 5alfa-reduttasi, l’enzima tipicamente coinvolto nella caduta maschile.
Il parere dell’esperto
Il capello è un “organo spia”, le cui affezioni possono svelare alcuni disagi. Alla base fattori come forfora, dermatite seborroica, diete dimagranti sbilanciate, sindrome dell’ovaio policistico, post partum e menopausa che, modificando l’equilibrio ormonale, provocano alterazioni del diametro del fusto e del ciclo di vita del capello. “Nel “telogen effluvium”, consistente in un’abbondante caduta di capelli, che sono tuttavia sani, è sostanziale una carenza di ferro, spesso associata a una riduzione di zinco e magnesio. Tale deficit, infatti, provoca una mancanza di ossigeno, quindi d’energia a livello del follicolo pilifero, che rallenta la produzione di cheratina e proteine”, afferma Magda Belmontesi, dermatologa. “Per orientarsi correttamente nella diagnosi è importante controllare la ferritinemia, ovvero il ferro “di deposito”, diversa dalla sideremia, la concentrazione di ferro circolante nel sangue. Il telogen effluvium può derivare inoltre da uno scompenso della tiroide, sia impigrita, cioè che produce poco ormone tiroideo, o viceversa ipersecernente, ovvero che lavora troppo. I questi casi, la terapia è sostanzialmente la rimozione della causa scatenante, con somministrazione delle sostanze carenziali utili. Per la caduta di capelli di tipo femminile sono utili lozioni a base di minoxidil e idrocortisone, anche miscelate con una supplementazione di estrogeni, come il 17-alfa-estradiolo”.
Plasma e staminali
Una nuova tecnica prevede l’infiltrazione del “plasma ricco di piastrine” di seconda generazione, ossia con una maggiore concentrazione di fattori di crescita, che contrastano la miniaturizzazione del follicolo. Il razionale della tecnica starebbe nella capacità di stimolare fattori di crescita atti a replicare le cellule di varie parti del follicolo pilo-sebaceo per mantenere la fase replicativa (anagen) del capello stesso. Non solo, in presenza di cellule staminali attive (presenti all’interno del follicolo pilifero), i fattori di crescita presenti nel plasma potrebbero stimolare la loro replicazione, quindi non solo allungare la fase di crescita (anagen) ma stimolare il follicolo stesso a riprodursi. Tale tecnica risulterebbe particolarmente utile nelle fasi non avanzate di calvizie maschile, I-IV nella scala di Hamilton (su un totale di 7 gradi), e femminile, I-II della scala di Ludwing (su un totale di 3 gradi). Va ricordato, comunque, che la tecnica non è ancora sperimentata su grosse casistiche e che per la legge italiana non può essere effettuata, se non dopo una convenzione diretta del centro dermatologico con un centro trasfusionale ospedaliero che controlli le procedure.