Il portale della BELLEZZA della Dottoressa Magda Belmontesi

Il portale della BELLEZZA della Dottoressa Magda Belmontesi

 Dalla scoperta del batterio legato all’aging della cute ai nuovi cosmetici che preservano l’equilibrio del microbiota cutaneo.

 Sulla pelle c’è vita. Molta di più di quanto pensiamo. Di norma  in ogni suo centimetro quadrato, compresi dotti ghiandolari e bulbi piliferi, è presente circa un miliardo di batteri. Queste comunità microbiche, che costituiscono il cosiddetto microbiota cutaneo sono intimamente legate al benessere, ma anche all’insorgenza di patologie come dermatiti, follicoliti, eczemi, acne, psoriasi.

 

Microbioma o microbiota?

Spesso i due termini vengono erroneamente usati come sinonimi. In realtà, mentre il microbiota si riferisce a una popolazione di microrganismi (batteri, funghi, archeobatteri, protozoi, virus) che vivono in uno specifico ambiente in un determinato tempo, il microbioma invece rappresenta il patrimonio genetico posseduto dal microbiota, ossia i geni che è in grado di esprimere.

 

Questa popolazione microbica è concentrata perlopiù nell’intestino, ma è anche presente in pelle e apparato respiratorio, mentre è assente in cervello e sistema circolatorio.

 

Secondo uno studio di ricercatori israeliani e canadesi, pubblicato su Plos Biology nel 2016, il numero di batteri e cellule è circa equivalente. Viene quindi smentita la teoria del 1972 che vedeva rapporto di 10 a 1, mentre gli studi sperimentali di oggi attestano che si tratta di un rapporto di 1,3 a 1: ad esempio una persona di 70 chili, di 20-30 anni e alta 1,70 metri, ospita circa 38mila miliardi di batteri e 30mila miliardi di cellule.

 

L’influenza del microbiota nella regolazione dell’attività metabolica è ormai acclarata da numerose evidenze scientifiche, così come il l’impatto del microbiota sugli stati psicologici per via dell’influenza sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sul sistema serotoninergico. Un’altra caratteristica del microbiota umano è il ruolo nello sviluppo del sistema immunitario durante la prima parte dell’infanzia, quindi sullo stato d’infiammazione dell’organismo.

 

 

Il termine microbioma, che indica la il patrimonio genetico del microbiota, spiega ‘come’ quest’ultimo supporta l’organismo: nel microbioma umano i geni codificano per alcune molecole che il corpo non riesce a produrre autonomamente. I microrganismi commensali non supportano solo metabolismo, cervello e sistema immunitario, contrastano anche la proliferazione dei patogeni.

 

 

Batteri e pelle: simbiosi mutualistica

L’importanza del microbioma negli ultimi anni è andata sempre più aumentando, grazie alle acquisizioni sulla sua conoscenza. Scoperte recenti hanno mostrato come lo sbilanciamento e la distruzione delle popolazioni microbiologiche cutanee possano essere associati al peggioramento di patologie.

 

Spiega Magda Belmontesi, dermatologa a Milano e Vigevano: “Un aumento del propionibacterium in zone più seborroiche può generare acne, mentre un incremento del demodex (acaro) è legato alla rosacea, invece quello della malassezia (lievito) è riconducibile alla dermatite seborroica e pitiriasi versicolor (chiazze tondeggianti sul tronco di colore roseo o bianco)”.

 

“Una delle funzioni più utili svolte dal microbioma cutaneo – continua Belmontesi – è l’eliminazione delle cellule devitalizzate, quindi è coinvolto nel turnover epidermico e nella cicatrizzazione. Questi microrganismi, in virtù delle loro attività ottimizzano alcune reazioni biochimiche, comportandosi come una sorta di ‘spazzini’ extracellulari”.

 

 

Microrganismi marker dell’invecchiamento

Uno studio del Berkeley National Laboratory, pubblicato a giugno del 2017 su Scientific Reports, punta i riflettori su un microrganismo chiamato archea. Gli archeobatteri sono organismi unicellulari simili ai batteri ma con caratteristiche particolari che permettono loro di sopravvivere in ambienti con condizioni estreme, come a temperature molto elevate o molto basse, oppure acque con un’elevata salinità.

 

L’archea fa parte anche del microbiota cutaneo, ma i ricercatori hanno scoperto che le quantità variano a seconda dell’età. Lo studio ha coinvolto volontari di età compresa tra 1 e 75 anni i cui campioni di pelle sono stati analizzati con metodi chimici e genetici. I microrganismi di archea erano più abbondanti nelle persone di età superiore a 60 anni e inferiore ai 12, sia nei partecipanti di sesso maschile che femminile.

La pelle secca presenta una maggiore concentrazione di archea, in quanto si è visto che livelli bassi di sebo, quindi d’idratazione, sono correlati a un incremento di questo microorganismo.

 

 

Cosmesi pro-microbiota

Da queste ricerche è nato un trend cosmetologico che mira a mantenere il benessere del microbiota cutaneo, fornendo i ‘cibi’ preferiti dai probiotici, i prebiotici. 

 

Probiotici, infatti, sono organismi vivi che, se somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite. Tra i più conosciuti ci sono lactobacilli e bifido-batteri

Invece i prebiotici non sono organismi vivi, ma rappresentano il nutrimento dei probiotici: sono alimenti non digeribili che stimolano selettivamente la crescita di un limitato numero di batteri, stimolandone l’attività. Ne sono un esempio le fibre di polisaccaridi non amidacei o beta-glucani, fructani, oligofruttosaccaridi e galattooligosaccaridi.

 

 

Tra i cosmeceutici di nuova generazione ci sono dunque dermocosmetici con prebiotici. Qualche esempio?

 

Helena Rubinstein con la linea Powercell Skinmunity (crema e siero) mira a proteggere barriera costituita dal microbiota. Per farlo inserisce un nuovo attivo, Defence Complex (con derivati di probiotici e prebiotici), che è bioselettivo nel favorire la crescita dei batteri ‘buoni’ e aumenta l’espressione delle beta-defensine, proteine deputate alla difesa dall’attacco di potenziali patogeni. Rinforzando il microbiota, la pelle diventa più levigata, uniforme e morbida.

 

I laboratori di La Roche-Posay dimostrano che l’utilizzo di dermocosmetici con ingredienti che si comportano da prebiotici hanno un effetto positivo sul microbiota.

Sophie Seite, direttore scientifico di La Roche-Posay, afferma: “È stato dimostrato clinicamente che Toleriane Sensitive agisce come un efficace prebiotico. Stimola significativamente la crescita di alcuni batteri specifici, come lo xanthomonas essenziale per il benessere cutaneo, mentre inibisce il proliferare di batteri, come lo staphylococcus, non coinvolti nel mantenimento del benessere della nostra cute”.

 

Toleriane Sensitive contiene il 73,9% di Acqua Termale di La Roche-Posay il cui contenuto batteriologico è risultato efficace sul microbiota cutaneo.

Un trattamento perfetto sulla pelle sensibile: idrata grazie al 7% di glicerina, lenisce e ripara in virtù del 2% di niacinamide, migliora la qualità della barriera cutanea e riduce le irritazioni con la vitamina B3, infine protegge con la ceramide III, (naturalmente presente nella pelle), che limita la perdita di acqua transepidermica, difendendo dalle aggressioni esterne.