L’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo e il cibo di cui ci nutriamo dipendono tutti dalla biodiversità. La cui salvaguardia è fondamentale per la salute delle persone e la ricchezza del pianeta. Quest’anno il tema della Giornata mondiale della Biodiversità (22 maggio), istituita dall’ONU nel 2000, s’incentra sull’interconnessione di biodiversità, sicurezza alimentare e salute: un rapporto sempre più a rischio, come sottolinea il report della FAO, pubblicato lo scorso marzo, secondo cui il 75% delle scorte alimentari del Pianeta è garantito da appena 12 specie vegetali e 5 animali.
Nell’ultimo in Italia sono scomparse dalla tavola tre varietà di frutta su quattro, ma la perdita di biodiversità concerne le piante coltivate come pure gli animali allevati. Spiega la Coldiretti in una nota: “In Italia nel secolo scorso si contavano 8000 varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2000 e di queste ben 1500 sono considerate a rischio di scomparsa anche per effetto dei moderni sistemi della distribuzione commerciale che privilegiano le grandi quantità e la standardizzazione dell’offerta”.
I danni all’ambiente sono noti, mentre sono meno conosciuti i riverberi sulla salute dell’uomo. È infatti da poco tempo che il mondo scientifico ne ha focalizzato le conseguenze. Il declino della biodiversità è correlato con l’aumento di malattie infiammatorie: dalle patologie infiammatorie dell’intestino a quelle epatiche, dai disordini cardiovascolari a svariati tipi di tumore.
L’incremento delle patologie con base infiammatoria è stato associato a una decremento delle difese immunitarie, di recente associate al microbioma (l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali dei microrganismi che abitano il nostro corpo), la cui composizione dipende molto dall’ambiente (quindi da dieta e stile di vita) piuttosto che dalla mera predisposizione genetica.
“La dermobiotica, ovvero la scienza che studia le interazioni tra cibo, intestino e microbiota cutaneo (l’insieme dei microrganismi presenti sulla pelle) rivela che la connessione intestino-cute è presente in numerose dermatosi, tra cui acne, dermatite atopica, psoriasi e ittiosi (disordine della cheratinizzazione che rende la pelle screpolata e inspessita), in cui sono coinvolti processi infiammatori”, spiega Magda Belmontesi, dermatologa a Milano e Vigevano.
In estate, la dieta adeguata per una abbronzatura sana e naturale si basa sul consumo di cibi ricchi di vitamina A, che favoriscono la produzione della melanina. La Coldiretti ha stilato la Top Ten dei “cibi che abbronzano”. Al vertice della speciale classifica, le carote, con i loro 1200 microgrammi di vitamina A o quantità equivalenti di caroteni per 100 grammi di parte edibile (fonte: elaborazioni Coldiretti). Sul podio, al secondo posto troviamo il radicchio, seguito al terzo dalle albicocche. A discendere: cicoria, lattuga, melone giallo e sedano, peperoni, pomodori, pesche gialle, cocomeri, fragole e ciliegie.
La vitamina A è molto importante per la salute e la bellezza della pelle, perché stimola la rigenerazione cellulare e la produzione di collagene ed elastina, oltre all’azione antinfiammatoria e sebo-regolatrice.
Oltre alla vitamina A, sono essenziali le vitamine del gruppo B, spesso associate a una pelle splendente, ma anche a capelli sani e a unghie forti. In particolare la vitamina B2 utile per la qualità dei tessuti, è reperibile in fegato, uova, frutta secca, spinaci, piselli. La vitamina B3 è invece importante per proteggere la pelle dall’azione dei raggi solari: nei cibi si trova in pollo, latte, formaggio, tonno, salmone, vitello.
In estate la vitamina C e la E sono sostanziali per contrastare l’azione dei radicali liberi generati dalle radiazioni solari: la prima si trova in agrumi, pomodori, verdure a foglia verde, fragole, la seconda in germe di grano, nella soia, nell’olio di oliva, nei cereali integrali.
E per finire non vanno dimenticate le fibre che, favorendo la motilità intestinale, aiutano l’organismo a ripulirsi dalle scorie, e l’acqua (tantissima acqua) per tenere idratati i tessuti.